L’evento Petra a Palermo esplora miti e leggende con Lamantia e Beercock ai Cantieri Culturali alla Zisa. Un viaggio teatrale unico.

Nelle notti di giovedì 2 e venerdì 3 maggio, lo Spazio Franco, dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, diventa la cornice di Petra, la performance teatrale firmata Lamantia/Beercock. La produzione di Babel, con il contributo artistico di N. Di Venti e G. Cappa e la collaborazione di Garage Arts Platform, si annuncia come un’immersione nelle radici mitologiche e culturali della Sicilia.

La narrazione prende le mosse dal personaggio del Malucumminàtu, figura centrale dell’opera, la cui ossessione per il miglioramento fisico e la ricerca di accettazione si scontrano con le insidie poste dalle presenze di Signora Ida e Signor Lei. Queste due figure simboleggiano ostacoli interni ed esterni che minano ogni tentativo di redenzione del protagonista.

Il tessuto drammaturgico si snoda attraverso la rielaborazione del romanzo di Nino Savarese “I fatti di Petra”, che si fa specchio della città di Enna, dalle sue origini mitiche fino a trasfigurarsi in una metafora dell’intera Sicilia. La scrittura scenica adotta una struttura di montaggio interiore, in cui si alternano senza soluzione di continuità desiderio, distruzione e giudizio, elementi che si traducono in una narrazione scenica densa e senza interruzioni.

Il passaggio dalla pagina al palcoscenico si configura come una ricerca dell’identità, non solo in senso geografico ma anche come introspezione dell’anima. Ed è in questo viaggio interiore che il duo Lamantia/Beercock si cimenta con il recupero di una mitologia contemporanea, tessendo insieme lacrime e sorrisi, ritualità e poesia, in un ritorno alle origini della rappresentazione teatrale intesa come rito di possessione.

La scelta artistica di cui Lamantia si fa portavoce attraverso la sua gestualità si pone come un dialogo continuo con i personaggi, o meglio, con gli spiriti che lo popolano, in una performance fisica che si muove tra la sacralità e la profanità. La figura femminile, impersonata da Signora Ida, emblema di una vox populi giudicante, si intreccia con il Malucumminàtu in un’attesa spasmodica di un miracolo.

La componente sonora, curata da Beercock, avvolge lo spettatore in un paesaggio acustico che è al tempo stesso elemento narrativo e spazio emotivo. Il suono diventa una preghiera, un’aurora che si solleva dall’oscurità dello “scuru”, lo spazio scenico.